martedì 20 maggio 2008

Quelli del Gruppo B: un salto negli anni '80

Gli anni '80 sono stati anni abbastanza fiorenti dal punto di vista dell'automobilismo sportivo.
Numerose innovazioni tecniche rendevano le auto più sicure, come ABS e airbag che allora iniziavano a svilupparsi; nonostante ciò, le auto sportive, in linea di massima, mantenevano ancora un carattere brutale e poco "smussato". Sono nati alcuni tra i mostri sacri dell'automobilismo sportivo,tra cui la selvaggia Ferrari F40 e il prodigio della tecnica Porsche 959. Un gradino più sotto, nasceva la leggenda chiamata M3 e compatte "piccanti" come la Golf GTI prendevano piede tra gli appassionati.
Ma gli anni '80 sono stati anche gli anni della Audi quattro e Lancia Delta S4. Gli anni del Gruppo B.
Il Gruppo B era una categoria del rally creata dalla FIA nel 1982. In opposizione al Gruppo A e alle sue restrittive regole, esso permetteva ai costruttori molte libertà. Innanzitutto, le auto da utilizzare nelle gare dovevano essere prodotte in almeno 200 esemplari omologabili su strada, contro i 5000 del Gruppo A, il che permetteva anche a costruttori relativamente piccoli di poter entrare in gioco. Anche se le Case principali sono tutte molto note e diffuse, in particolar modo per i prodigi di ingegneria quali erano i bolidi che partecipavano. Non c'erano limitazioni di peso o potenza, tanto meno di materiali, praticamente gli ingegneri avevano libertà quasi assoluta. Non c'era nemmeno la limitazione dei quattro posti, il che consentiva di utilizzare anche lo schema a motore centrale.
La trazione era generalmente integrale, dopo l'utilizzo pionieristico dell'Audi di questa soluzione che all'inizio generava tante perplessità, ma che poi si è dimostrata vincente.
Tutta questa libertà diede vita a dei motori di cilindrata relativamente piccola (intorno ai 2 litri), che però grazie ai sistemi di sovralimentazione sviluppavano potenze inimmaginabili, tra i 500 e gli 800 cavalli circa. Il motivo di tanta imprecisione sta nel fatto che i dinamometri per le auto a quattro ruote motrici dell'epoca erano abbastanza rudimentali, ma soprattutto al fatto che ogni costruttore non voleva far sapere ai propri rivali l'esatta potenza della loro auto.
Grazie anche al peso della vettura che in genere si attestava intorno ai 1000 kg, le prestazioni erano davvero impressionanti, e richiedevano una preparazione elevatissima - assieme a una buona dose di sprezzo del pericolo, per non dire pazzia - da parte dei piloti. Ad esempio, questi bolidi erano in grado di accelerare da 0 a 100 km/h in meno di 3 secondi. E non su asfalto, bensì su terreni a bassa aderenza quali fango, fondi innevati o pietrisco. Impressionante. Non dimentichiamo, inoltre, che all'epoca non c'era nessun controllo di trazione o qualche altro angelo custode elettronico a tenere a bada tanta furia, tale compito era interamente nelle mani del pilota.
Non è difficile immaginare, alla luce di ciò, quanto fosse pericoloso questo sport, quanta tensione era accumulata sulle spalle dei piloti. Gli incidenti non erano infrequenti, e questo fu proprio ciò che pose fine alla breve vita del Gruppo B, nel 1986. Una vita breve ma certamente intensa come pochi altri sport.
Quattro sono le auto che si sono distinte maggiormente durante questi 4 anni di follia automobilistica: Audi quattro, Lancia Delta, Ford RS200 e Peugeot 205 TI6. Almeno le prime due, anche per chi non è appassionato di rally, non avrebbero bisogno di presentazione.


Audi quattro

L'Audi quattro viene definita come la madre di tutte le auto del Gruppo B. Questo perché, come già citato prima, fu la prima ad adottare la trazione integrale: tutte le altre, infatti, erano arroccate ancora alla trazione posteriore. Questa non fu a dire il vero una primizia assoluta, dato che nel 1967 una Casa automobilistica britannica, la Jensen, costruì un'auto sportiva a trazione integrale; il risultato non fu dei più soddisfacenti, tuttavia.
Diversamente andò invece il tentativo della Casa di Ingolstadt, visto che la quattro vinse la gara che sanciva il suo debutto, con ben 9 minuti di distacco sulle sue avversarie a trazione posteriore. Ciò dimostrò che il futuro dei rally era nel 4x4, nonostante questo sistema fosse più pesante e complicato. Il motore era il noto 5 cilindri in linea da 2,1 litri, montato in posizione longitudinale e sovralimentato con turbocompressore, con una potenza iniziale stimata attorno ai 360cv.
Le vittorie arrivarono molto presto, grazie anche a Michelle Mouton (la prima donna a vincere un rally internazionale). Però il vantaggio rappresentato dalla trazione integrale si andava via via assottigliando, visti i difetti di peso e handling della giovane quattro, senza contare l'enorme complessità del sistema che comprometteva l'affidabilità. Così nel 1983, grazie anche ai passi avanti fatti dai rivali, il premio costruttori andò alla Lancia 037, ancora a trazione posteriore.
Ma nel 1984 Audi presentò una versione rinnovata della sua auto, denominata Sport quattro. Passo accorciato, carrozzeria in kevlar (nonostante la scocca fosse convenzionale, rispetto alle strutture tubolari della concorrenza) e un nuovo cambio (col numero di marce che passavano da 5 a 6) rese l'auto molto competitiva. Il motore era dotato ora di oltre 450cv. Fu l'anno d'oro dell'Audi, che vinse sia il titolo piloti che quello costruttori.
Nel 1985 la concorrenza si fece più aspra con l'avvento della Peugeot, e la Sport quattro iniziava a mostrare ancora i suoi limiti di peso e posizione abbastanza infelice del motore (anteriore, mentre su tutte le altre era centrale per distribuire meglio i pesi. Audi quindi rispose alle minacce degli altri costruttori rilasciando un'ultima, estrema versione della quattro: la Sport quattro S1. Manteneva il passo accorciato, ma stavolta era dotata di vistose appendici aerodinamiche che ne aumentavano la deportanza, e il motore era stato portato oltre quota 600cv. Nonostante non si dimostrò competitiva nel Gruppo B (con la fine di quest'ultimo oramai incombente), ottenne ben 3 vittorie nella famigerata gara in salita Pike's Peak. Michelle Mouton (1985), Bobby Unser (1986) e infine Walter Rohl (1987). Ognuno di loro ha stabilito, di volta in volta, il nuovo record sul giro.
C'è una leggenda, infine, che Audi stesse sviluppando una versione della S1 da 1000 (sì, mille) cavalli. La testò su alcune gare in salita, ma poi fu accantonata perché i piloti la ritenevano troppo nervosa e difficile da "domare". Possiamo solo avere una vaga idea di quale belva sarebbe stata un'auto del genere, se fosse stata mai prodotta.

Lancia Delta

Per molti italiani - e non solo - quest'auto rappresenta un mito, probabilmente perché si tratta dell'ultimo esemplare di una dinastia di gloriose auto sportive Lancia che davano lustro all'automobilismo nostrano agli occhi del mondo. Poi tutti sappiamo com'è andata a finire, ma questa è un'altra storia.
La prima vettura con cui il marchio italiano partecipò al Gruppo B fu la Lancia 037. Si caratterizzava per la linea molto affusolata e aerodinamica, con la scocca tubolare rivestita di pannelli in vetroresina e fibra di carbonio. Il motore era un 4 cilindri in linea di 2,0 litri, dotato di un compressore volumetrico sviluppato dalle officine Abarth; la potenza stimata era, inizialmente, di 300cv. Al contrario dell'avversaria teutonica, la Lancia non soffriva affatto di problemi di handling, per via del motore montato posteriormente che garantiva un'equilibrio eccezionale dei pesi.
Infatti, nonostante fosse stata colta di sorpresa con l'arrivo dell'Audi e la sua trazione integrale, nel 1983 la Lancia 037 guidata da Walter Rohl riuscì a strappare, con la sola trazione posteriore, il titolo costruttori ad Audi. Complici furono anche i già citati problemi di affidabilità di cui la vettura tedesca soffriva.
Nell'84, per via dei miglioramenti apportati alla quattro e alla concorrenza incalzante degli altri, i tempi furono maturi per un'erede della 037 che iniziava a dimostrare i segni dell'età.
Fu così che nacque nell'85 la Delta S4. Peso bassissimo, ottimo bilanciamento dovuto al motore posteriore e trazione integrale la resero da subito estremamente competitiva (sebbene quell'anno la Peugeot era l'asso pigliatutto della situazione). La vera novità stava nel motore, in particolare nel suo sistema di sovralimentazione. Sviluppato sempre nelle officine Abarth, si trattava di un 1,8 litri dotato sia di turbocompressore che di compressore volumetrico. Il risultato era una virtuale eliminazione del turbo lag, con una potenza stimata di 550cv. La coppia, vista la cilindrata abbastanza contenuta, non aveva un picco molto elevato, tuttavia la doppia alimentazione permetteva di avere una gran quantità di coppia fin dai bassi regimi. Ciò significava uno 0-100 in circa 2,5 secondi.
Tra le sue vittorie più importanti va ricordato il primo e il secondo posto al rally RAC del 1985, in Gran Bretagna. La stagione '86 sembrava confermare le capacità della Delta, fino a che non ci fu il tragico incidente di Henri Toivonen al Rally di Corsica. Dopo essersi schiantato con la sua S4, il serbatoio della benzina esplose uccidendo lui e il co-pilota. Questo incidente, assieme a un altro accaduto alla Ford l'anno precedente, decretò la fine del Gruppo B.

Ford RS200

La Ford RS200 fu una delle auto più compatte a partecipare al Gruppo B, ma nonostante ciò la sua leggerezza non era proprio da primato, il che ha contribuito a una carriera sportiva non proprio brillante. Tuttavia, nella corrispondente versione omologabile su strada, era - ed è tuttora - una delle più rare, aumentandone l'esclusività agli occhi degli appassionati. Essa rappresentava il secondo tentativo di Ford nei rally, dopo la Escort 1700T che ebbe una carriera a dir poco deludente. L'architettura era abbastanza simile a quella della Delta, con il motore in posizione centrale longitudinale, la scocca tubolare e l'immancabile trazione integrale. La carrozzeria era realizzata in un materiale composto da plastica e vetroresina, disegnata da Ghia e costruita da Reliant (uno specialista nella lavorazione di materiali compositi). La peculiarità della Ford era costituita dalla distribuzione variabile della coppia tra gli assali anteriori e posteriori, tramite 3 giunti viscosi: si andava da una distribuzione 0/100 tra asse anteriore e posteriore (rendendola di fatto una trazione posteriore), a 37/63 (una 4x4 che privilegia l'asse posteriore), fino al classico 50/50 (uguale coppia sui due assali). Stava al pilota scegliere, tramite un comando nell'abitacolo, scegliere l'impostazione migliore, anche a vettura in movimento.
Il motore era un 1,8 litri con turbocompressore e intercooler, costruito dalla Cosworth, capace di sviluppare dai 350 ai 450cv nella versione da gara (anche se in alcune gare sono stati toccati i 540cv). Il cambio era montato all'avantreno, per migliorare ulteriormente il bilanciamento, anche se questo causò un notevole aumento di complessità nella trazione (in pratica, la coppia era prima mandata all'avantreno per poi essere rispedita alle ruote posteriori). Nonostante l'auto fosse molto ben bilanciata, il motore affetto da un turbo lag molto marcato ne pregiudicò i risultati in gara, assieme al già citato peso eccessivo. Peso che era dato non solo dalla complessità della trasmissione, ma anche dall'eccezionale robustezza della scocca: una sicurezza in più per i piloti in caso di incidente. Ciò però non servì a salvare i 3 spettatori che rimasero uccisi da una RS200 che perse il controllo durante il Rally di Portogallo del 1986, finendo sulla folla. Circa altre 30 persone rimasero ferite.
Per ovviare ai problemi di peso, Ford aveva in progetto di far debuttare nell'87 la RS200 Evolution. Il motore, sempre prodotto da Cosworth, fu però rimaneggiato dal pilota di F1 Bryan Hart. Portato a 2137cc di cilindrata, la sua potenza poteva variare da 550 a ben 800cv, tuttavia il settaggio per le gare era di circa 650cv. Questo, assieme a numerosi componenti (come freni e sospensioni) riviste, aumentò notevolmente le prestazioni della RS200, che poteva vantare ora un impressionante 0-100 in 2 secondi netti.
Tuttavia, a causa dell'incidente, il Gruppo B venne cancellato, quindi la RS200 Evolution poté dimostrare il suo potenziale solo in qualche gara minore.

Peugeot 205 T16

A dispetto delle avversarie, la Peugeot 205 T16 era basata su un'utilitaria molto diffusa all'epoca e conosciuta come una delle auto più economiche del tempo; ne conseguiva un'aspetto leggermente comico. Ciò non deve trarre in inganno, tuttavia, perchè dietro quella carrozzeria così "mansueta" rispetto alle varie Audi, Ford e Lancia si nasconde un bolide estremamente veloce, proprio grazie alla sua leggerezza.
Le caratteristiche tecniche si discostavano un dalle avversarie: aveva sempre la trazione integrale, e il motore era in posizione posteriore, ma trasversale; il telaio inoltre era costituito da una monoscocca in acciaio, con un supporto tubolare per il posteriore, e la carrozzeria era costituita da pannelli di fibra di carbonio e in vetroresina. Il motore era un 4 cilindri in linea da 1,8 litri, sovralimentato con turbocompressore KKK e intercooler, capace di sviluppare 370cv, nella sua configurazione iniziale.
Fin dal suo debutto nell'84, la piccola Peugeot si dimostrò vincente, e infatti nel 1985 la squadra guidata da Jean Todt ottenne sia il titolo piloti che quello costruttori. Nell'86, a causa della cresente pressione di avversari come la Lancia, la 205 ottiene un aggiornamento. La potenza passa a 560cv circa grazie all'utilizzo di un turbocompressore Garrett in luogo del precedente KKK, la scocca subisce "un'iniezione" di fibra di carbonio per diminuire il peso; il risultato è uno 0-100 di 2,9 secondi. Durante quell'anno le rinnovate Peugeot danno molto filo da torcere alle Lancia, che si dimostrano molto competitive ma sono vittime di innumerevoli colpi di sfortuna (tra cui l'incidente di Toivonen in Corsica, in seguito al quale la Lancia decide di ritirarsi consegnando la vittoria di quello stage ai francesi).
Alla fine la Peugeot vince, fra numerose polemiche, anche il titolo costruttori stagione 1986, prima che il Gruppo B venga eliminato.

Insomma, il Gruppo B era un teatro perfetto dove i costruttori potevano confrontarsi con i loro capolavori di ingegneria, cercando di dare un po' di ragione a quelle auto che in realtà erano pura follia. E questo i piloti lo sapevano fin troppo bene, provando ogni giorno sulla propria pelle cosa significa guidare dei bolidi del genere, a quella velocità, con quella potenza e con aiuti elettronici quasi inesistenti. Grazie tuttavia a questa disciplina si sono potuti sviluppare nuovi materiali e nuove tecnologie che oggi vediamo nelle nostre auto. Una su tutte, la trazione integrale non più relegata ai fuoristrada, ma anche componenti più leggeri e resistenti per la carrozzeria, sistemi di trazione, differenziali e via dicendo.
Ma soprattutto, ha infiammato gli animi degli appassionati come pochi altri sport motoristici, e continua ad avere attorno a sè un'alone di ammirazione, anche oggi a 14 anni di distanza. Forse perchè sappiamo che al giorno d'oggi follie del genere sono ormai impossibili.

1 commento:

raffaele ha detto...

tuo blog cm al solito e curato al meglio...ma a me non piace molto il rally..sn passato sl per un saluto e per dirti k io ho aggiornato il blog :)
ciaooo a presto