mercoledì 28 maggio 2008

Modifiche tecniche in vista per le Aston Martin

Alcuni definiscono le Aston Martin come le più belle auto del mondo. Avranno ragione? Chissà, però è innegabile che si tratta di auto dalla bellezza mozzafiato, eleganti eppure molto aggressive, dei classici non appena lasciano le linee di produzione.
In quest'ottica, la nuova gestione Prodrive non ha osato toccare le stupende linee della V8 Vantage e della DB9, ma ha conferito loro numerose migliorie sottopelle. Non che la meccanica non fosse di prim'ordine, ma effettivamente c'era bisogno di un po' più di brio per poter stare al passo con la concorrenza.

La V8 Vantage, la più giovane del duo, fu presentata al Salone di Ginevra nel 2005, con le vendite che iniziarono nel 2006, quindi questo può essere a tutti gli effetti considerato un classico aggiornamento di mezza età. C'è da dire, tuttavia, che nonostante sia ancora arrivata alla mezza età, questa Vantage è ancora maledettamente attraente.
Le uniche modifiche esterne si limitano a nuovi cerchi di 19". All'interno invece, troviamo una nuova finitura in alluminio satinato per la plancia, una leva del cambio rivista e un nuovo sistema di navigazione più veloce ed efficiente.
Il pezzo forte si trova sotto il cofano: il V8 di derivazione Jaguar è stato portato da 4,3 a 4,7 litri, con la potenza massima che tocca quota 420cv e la coppia massima che arriva invece a 470Nm. La frizione è stata inoltre alleggerita sia per il cambio manuale che per il sequenziale Sportshift, mentre per quest'ultimo una diversa mappatura ha permesso di ottenere una riduzione del consumo di carburante e delle emissioni di CO2 quantificabili attorno al 13%.
Le prestazioni sono diventate ancora più interessanti, con uno 0-100km/h in 4,7s (-1s) e una velocità di punta di 288km/h (+8km/h).
Per una sportività ancora maggiore, è previsto un rinnovato Sport Pack, che include sospensioni più rigide targate Bilstein, nuovi cerchi alleggeriti, una nuova taratura della geometria dello sterzo e una barra anti-rollio posteriore (solo per la coupè).
Insomma, coloro che sottolineavano la mancanza di un numero adeguato di cavalli sotto questa stupenda carrozzeria (vedi Clarkson), dovrebbero ora essere stati accontentati.


Con la stessa filosofia è stata rinnovata la meno giovane, ma altrettanto stupenda, DB9. La versione aggiornata ha fatto bella mostra di al Salone di Ginevra di quest'anno.
Esteriormente i cambiamenti riguardano solamente nuovi cerchi da 19" a 10 razze, una nuova griglia composta da 5 barre in alluminio anodizzato e nuovi specchietti retrovisori esterni. Internamente, nuovi rivestimenti in alluminio e radica trovano posto sulla plancia, così come la chiave elettronica ECU (Emotion Control Unit) presa in prestito dalla DBS. Ci vuole un occhio abbastanza allenato per riconoscerne i cambiamenti, in effetti.
Più sostanziosi sono invece, come già anticipato, i cambiamenti sotto il cofano. Il 6,0 V12 rimane inalterato, però ora mostra un incremento di potenza e coppia, per un totale di 470cv e 600Nm. Anche l'automatico Touchtronic è stato rivisto, permettendo uno 0-100 di 4,6s (-3s) e una velocità di punta di 305km/h (+5km/h).
Questo incremento di cavalli, assieme a una rigidità torsionale aumentata del 10%, nuovi ammortizzatori e nuovi bracci delle sospensioni, garantiscono un rinnovato piacere di guida.

fonte: WorldCarFans

Poche piccole modifiche, insomma, per non far sentire il peso dell'età a due auto senza tempo. Questa è la filosofia di Prodrive. Starà facendo bene? Secondo il mio modesto parere, indubbiamente si.

martedì 20 maggio 2008

Quelli del Gruppo B: un salto negli anni '80

Gli anni '80 sono stati anni abbastanza fiorenti dal punto di vista dell'automobilismo sportivo.
Numerose innovazioni tecniche rendevano le auto più sicure, come ABS e airbag che allora iniziavano a svilupparsi; nonostante ciò, le auto sportive, in linea di massima, mantenevano ancora un carattere brutale e poco "smussato". Sono nati alcuni tra i mostri sacri dell'automobilismo sportivo,tra cui la selvaggia Ferrari F40 e il prodigio della tecnica Porsche 959. Un gradino più sotto, nasceva la leggenda chiamata M3 e compatte "piccanti" come la Golf GTI prendevano piede tra gli appassionati.
Ma gli anni '80 sono stati anche gli anni della Audi quattro e Lancia Delta S4. Gli anni del Gruppo B.
Il Gruppo B era una categoria del rally creata dalla FIA nel 1982. In opposizione al Gruppo A e alle sue restrittive regole, esso permetteva ai costruttori molte libertà. Innanzitutto, le auto da utilizzare nelle gare dovevano essere prodotte in almeno 200 esemplari omologabili su strada, contro i 5000 del Gruppo A, il che permetteva anche a costruttori relativamente piccoli di poter entrare in gioco. Anche se le Case principali sono tutte molto note e diffuse, in particolar modo per i prodigi di ingegneria quali erano i bolidi che partecipavano. Non c'erano limitazioni di peso o potenza, tanto meno di materiali, praticamente gli ingegneri avevano libertà quasi assoluta. Non c'era nemmeno la limitazione dei quattro posti, il che consentiva di utilizzare anche lo schema a motore centrale.
La trazione era generalmente integrale, dopo l'utilizzo pionieristico dell'Audi di questa soluzione che all'inizio generava tante perplessità, ma che poi si è dimostrata vincente.
Tutta questa libertà diede vita a dei motori di cilindrata relativamente piccola (intorno ai 2 litri), che però grazie ai sistemi di sovralimentazione sviluppavano potenze inimmaginabili, tra i 500 e gli 800 cavalli circa. Il motivo di tanta imprecisione sta nel fatto che i dinamometri per le auto a quattro ruote motrici dell'epoca erano abbastanza rudimentali, ma soprattutto al fatto che ogni costruttore non voleva far sapere ai propri rivali l'esatta potenza della loro auto.
Grazie anche al peso della vettura che in genere si attestava intorno ai 1000 kg, le prestazioni erano davvero impressionanti, e richiedevano una preparazione elevatissima - assieme a una buona dose di sprezzo del pericolo, per non dire pazzia - da parte dei piloti. Ad esempio, questi bolidi erano in grado di accelerare da 0 a 100 km/h in meno di 3 secondi. E non su asfalto, bensì su terreni a bassa aderenza quali fango, fondi innevati o pietrisco. Impressionante. Non dimentichiamo, inoltre, che all'epoca non c'era nessun controllo di trazione o qualche altro angelo custode elettronico a tenere a bada tanta furia, tale compito era interamente nelle mani del pilota.
Non è difficile immaginare, alla luce di ciò, quanto fosse pericoloso questo sport, quanta tensione era accumulata sulle spalle dei piloti. Gli incidenti non erano infrequenti, e questo fu proprio ciò che pose fine alla breve vita del Gruppo B, nel 1986. Una vita breve ma certamente intensa come pochi altri sport.
Quattro sono le auto che si sono distinte maggiormente durante questi 4 anni di follia automobilistica: Audi quattro, Lancia Delta, Ford RS200 e Peugeot 205 TI6. Almeno le prime due, anche per chi non è appassionato di rally, non avrebbero bisogno di presentazione.


Audi quattro

L'Audi quattro viene definita come la madre di tutte le auto del Gruppo B. Questo perché, come già citato prima, fu la prima ad adottare la trazione integrale: tutte le altre, infatti, erano arroccate ancora alla trazione posteriore. Questa non fu a dire il vero una primizia assoluta, dato che nel 1967 una Casa automobilistica britannica, la Jensen, costruì un'auto sportiva a trazione integrale; il risultato non fu dei più soddisfacenti, tuttavia.
Diversamente andò invece il tentativo della Casa di Ingolstadt, visto che la quattro vinse la gara che sanciva il suo debutto, con ben 9 minuti di distacco sulle sue avversarie a trazione posteriore. Ciò dimostrò che il futuro dei rally era nel 4x4, nonostante questo sistema fosse più pesante e complicato. Il motore era il noto 5 cilindri in linea da 2,1 litri, montato in posizione longitudinale e sovralimentato con turbocompressore, con una potenza iniziale stimata attorno ai 360cv.
Le vittorie arrivarono molto presto, grazie anche a Michelle Mouton (la prima donna a vincere un rally internazionale). Però il vantaggio rappresentato dalla trazione integrale si andava via via assottigliando, visti i difetti di peso e handling della giovane quattro, senza contare l'enorme complessità del sistema che comprometteva l'affidabilità. Così nel 1983, grazie anche ai passi avanti fatti dai rivali, il premio costruttori andò alla Lancia 037, ancora a trazione posteriore.
Ma nel 1984 Audi presentò una versione rinnovata della sua auto, denominata Sport quattro. Passo accorciato, carrozzeria in kevlar (nonostante la scocca fosse convenzionale, rispetto alle strutture tubolari della concorrenza) e un nuovo cambio (col numero di marce che passavano da 5 a 6) rese l'auto molto competitiva. Il motore era dotato ora di oltre 450cv. Fu l'anno d'oro dell'Audi, che vinse sia il titolo piloti che quello costruttori.
Nel 1985 la concorrenza si fece più aspra con l'avvento della Peugeot, e la Sport quattro iniziava a mostrare ancora i suoi limiti di peso e posizione abbastanza infelice del motore (anteriore, mentre su tutte le altre era centrale per distribuire meglio i pesi. Audi quindi rispose alle minacce degli altri costruttori rilasciando un'ultima, estrema versione della quattro: la Sport quattro S1. Manteneva il passo accorciato, ma stavolta era dotata di vistose appendici aerodinamiche che ne aumentavano la deportanza, e il motore era stato portato oltre quota 600cv. Nonostante non si dimostrò competitiva nel Gruppo B (con la fine di quest'ultimo oramai incombente), ottenne ben 3 vittorie nella famigerata gara in salita Pike's Peak. Michelle Mouton (1985), Bobby Unser (1986) e infine Walter Rohl (1987). Ognuno di loro ha stabilito, di volta in volta, il nuovo record sul giro.
C'è una leggenda, infine, che Audi stesse sviluppando una versione della S1 da 1000 (sì, mille) cavalli. La testò su alcune gare in salita, ma poi fu accantonata perché i piloti la ritenevano troppo nervosa e difficile da "domare". Possiamo solo avere una vaga idea di quale belva sarebbe stata un'auto del genere, se fosse stata mai prodotta.

Lancia Delta

Per molti italiani - e non solo - quest'auto rappresenta un mito, probabilmente perché si tratta dell'ultimo esemplare di una dinastia di gloriose auto sportive Lancia che davano lustro all'automobilismo nostrano agli occhi del mondo. Poi tutti sappiamo com'è andata a finire, ma questa è un'altra storia.
La prima vettura con cui il marchio italiano partecipò al Gruppo B fu la Lancia 037. Si caratterizzava per la linea molto affusolata e aerodinamica, con la scocca tubolare rivestita di pannelli in vetroresina e fibra di carbonio. Il motore era un 4 cilindri in linea di 2,0 litri, dotato di un compressore volumetrico sviluppato dalle officine Abarth; la potenza stimata era, inizialmente, di 300cv. Al contrario dell'avversaria teutonica, la Lancia non soffriva affatto di problemi di handling, per via del motore montato posteriormente che garantiva un'equilibrio eccezionale dei pesi.
Infatti, nonostante fosse stata colta di sorpresa con l'arrivo dell'Audi e la sua trazione integrale, nel 1983 la Lancia 037 guidata da Walter Rohl riuscì a strappare, con la sola trazione posteriore, il titolo costruttori ad Audi. Complici furono anche i già citati problemi di affidabilità di cui la vettura tedesca soffriva.
Nell'84, per via dei miglioramenti apportati alla quattro e alla concorrenza incalzante degli altri, i tempi furono maturi per un'erede della 037 che iniziava a dimostrare i segni dell'età.
Fu così che nacque nell'85 la Delta S4. Peso bassissimo, ottimo bilanciamento dovuto al motore posteriore e trazione integrale la resero da subito estremamente competitiva (sebbene quell'anno la Peugeot era l'asso pigliatutto della situazione). La vera novità stava nel motore, in particolare nel suo sistema di sovralimentazione. Sviluppato sempre nelle officine Abarth, si trattava di un 1,8 litri dotato sia di turbocompressore che di compressore volumetrico. Il risultato era una virtuale eliminazione del turbo lag, con una potenza stimata di 550cv. La coppia, vista la cilindrata abbastanza contenuta, non aveva un picco molto elevato, tuttavia la doppia alimentazione permetteva di avere una gran quantità di coppia fin dai bassi regimi. Ciò significava uno 0-100 in circa 2,5 secondi.
Tra le sue vittorie più importanti va ricordato il primo e il secondo posto al rally RAC del 1985, in Gran Bretagna. La stagione '86 sembrava confermare le capacità della Delta, fino a che non ci fu il tragico incidente di Henri Toivonen al Rally di Corsica. Dopo essersi schiantato con la sua S4, il serbatoio della benzina esplose uccidendo lui e il co-pilota. Questo incidente, assieme a un altro accaduto alla Ford l'anno precedente, decretò la fine del Gruppo B.

Ford RS200

La Ford RS200 fu una delle auto più compatte a partecipare al Gruppo B, ma nonostante ciò la sua leggerezza non era proprio da primato, il che ha contribuito a una carriera sportiva non proprio brillante. Tuttavia, nella corrispondente versione omologabile su strada, era - ed è tuttora - una delle più rare, aumentandone l'esclusività agli occhi degli appassionati. Essa rappresentava il secondo tentativo di Ford nei rally, dopo la Escort 1700T che ebbe una carriera a dir poco deludente. L'architettura era abbastanza simile a quella della Delta, con il motore in posizione centrale longitudinale, la scocca tubolare e l'immancabile trazione integrale. La carrozzeria era realizzata in un materiale composto da plastica e vetroresina, disegnata da Ghia e costruita da Reliant (uno specialista nella lavorazione di materiali compositi). La peculiarità della Ford era costituita dalla distribuzione variabile della coppia tra gli assali anteriori e posteriori, tramite 3 giunti viscosi: si andava da una distribuzione 0/100 tra asse anteriore e posteriore (rendendola di fatto una trazione posteriore), a 37/63 (una 4x4 che privilegia l'asse posteriore), fino al classico 50/50 (uguale coppia sui due assali). Stava al pilota scegliere, tramite un comando nell'abitacolo, scegliere l'impostazione migliore, anche a vettura in movimento.
Il motore era un 1,8 litri con turbocompressore e intercooler, costruito dalla Cosworth, capace di sviluppare dai 350 ai 450cv nella versione da gara (anche se in alcune gare sono stati toccati i 540cv). Il cambio era montato all'avantreno, per migliorare ulteriormente il bilanciamento, anche se questo causò un notevole aumento di complessità nella trazione (in pratica, la coppia era prima mandata all'avantreno per poi essere rispedita alle ruote posteriori). Nonostante l'auto fosse molto ben bilanciata, il motore affetto da un turbo lag molto marcato ne pregiudicò i risultati in gara, assieme al già citato peso eccessivo. Peso che era dato non solo dalla complessità della trasmissione, ma anche dall'eccezionale robustezza della scocca: una sicurezza in più per i piloti in caso di incidente. Ciò però non servì a salvare i 3 spettatori che rimasero uccisi da una RS200 che perse il controllo durante il Rally di Portogallo del 1986, finendo sulla folla. Circa altre 30 persone rimasero ferite.
Per ovviare ai problemi di peso, Ford aveva in progetto di far debuttare nell'87 la RS200 Evolution. Il motore, sempre prodotto da Cosworth, fu però rimaneggiato dal pilota di F1 Bryan Hart. Portato a 2137cc di cilindrata, la sua potenza poteva variare da 550 a ben 800cv, tuttavia il settaggio per le gare era di circa 650cv. Questo, assieme a numerosi componenti (come freni e sospensioni) riviste, aumentò notevolmente le prestazioni della RS200, che poteva vantare ora un impressionante 0-100 in 2 secondi netti.
Tuttavia, a causa dell'incidente, il Gruppo B venne cancellato, quindi la RS200 Evolution poté dimostrare il suo potenziale solo in qualche gara minore.

Peugeot 205 T16

A dispetto delle avversarie, la Peugeot 205 T16 era basata su un'utilitaria molto diffusa all'epoca e conosciuta come una delle auto più economiche del tempo; ne conseguiva un'aspetto leggermente comico. Ciò non deve trarre in inganno, tuttavia, perchè dietro quella carrozzeria così "mansueta" rispetto alle varie Audi, Ford e Lancia si nasconde un bolide estremamente veloce, proprio grazie alla sua leggerezza.
Le caratteristiche tecniche si discostavano un dalle avversarie: aveva sempre la trazione integrale, e il motore era in posizione posteriore, ma trasversale; il telaio inoltre era costituito da una monoscocca in acciaio, con un supporto tubolare per il posteriore, e la carrozzeria era costituita da pannelli di fibra di carbonio e in vetroresina. Il motore era un 4 cilindri in linea da 1,8 litri, sovralimentato con turbocompressore KKK e intercooler, capace di sviluppare 370cv, nella sua configurazione iniziale.
Fin dal suo debutto nell'84, la piccola Peugeot si dimostrò vincente, e infatti nel 1985 la squadra guidata da Jean Todt ottenne sia il titolo piloti che quello costruttori. Nell'86, a causa della cresente pressione di avversari come la Lancia, la 205 ottiene un aggiornamento. La potenza passa a 560cv circa grazie all'utilizzo di un turbocompressore Garrett in luogo del precedente KKK, la scocca subisce "un'iniezione" di fibra di carbonio per diminuire il peso; il risultato è uno 0-100 di 2,9 secondi. Durante quell'anno le rinnovate Peugeot danno molto filo da torcere alle Lancia, che si dimostrano molto competitive ma sono vittime di innumerevoli colpi di sfortuna (tra cui l'incidente di Toivonen in Corsica, in seguito al quale la Lancia decide di ritirarsi consegnando la vittoria di quello stage ai francesi).
Alla fine la Peugeot vince, fra numerose polemiche, anche il titolo costruttori stagione 1986, prima che il Gruppo B venga eliminato.

Insomma, il Gruppo B era un teatro perfetto dove i costruttori potevano confrontarsi con i loro capolavori di ingegneria, cercando di dare un po' di ragione a quelle auto che in realtà erano pura follia. E questo i piloti lo sapevano fin troppo bene, provando ogni giorno sulla propria pelle cosa significa guidare dei bolidi del genere, a quella velocità, con quella potenza e con aiuti elettronici quasi inesistenti. Grazie tuttavia a questa disciplina si sono potuti sviluppare nuovi materiali e nuove tecnologie che oggi vediamo nelle nostre auto. Una su tutte, la trazione integrale non più relegata ai fuoristrada, ma anche componenti più leggeri e resistenti per la carrozzeria, sistemi di trazione, differenziali e via dicendo.
Ma soprattutto, ha infiammato gli animi degli appassionati come pochi altri sport motoristici, e continua ad avere attorno a sè un'alone di ammirazione, anche oggi a 14 anni di distanza. Forse perchè sappiamo che al giorno d'oggi follie del genere sono ormai impossibili.

mercoledì 14 maggio 2008

L'attesa è finita, ecco la Ferrari California

L'attesa per questo nuovo modello Ferrari è stata una delle più lunghe e discusse degli ultimi anni, complici anche le misteriose apparizioni di muletti camuffati molto pesantemente, che lasciavano spazio a innumerevoli dubbi. Ciò che ha attirato di più l'attenzione degli appassionati è, tuttavia, l'alone quasi mistico che il marchio del Cavallino Rampante evoca un po' in tutto il mondo. Ne parlai anche io, in un mio articolo di qualche tempo fa. Allora le insistenti voci parlavano di questo nuovo modello V8 come un entry level, per il quale si ipotizzava che sarebbe stato rispolverato il nome Dino. Si parlava anche di una collaborazione con Maserati, dell'utilizzo del 4.7 già visto nella 8C, ma stavolta con l'uso dell'iniezione diretta.
L'auto è effettivamente su base Maserati, ma non si chiama Dino né utilizza il 4.7. Si chiama California, è una 2+2 a motore anteriore (arretrato dietro l'asse anteriore, con schema Transaxle), ha la capote in metallo e usa un 4.3 V8 da 460 cavalli. E queste sono le prime immagini ufficiali, per ora solo a capote aperta:

Ora aspettate un minuto per riprendervi dallo shock....

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Dunque, da dove iniziare?
Gli scarichi. Quegli orribili scarichi disposti in diagonale, un po' come la non proprio sobria Lexus IS-F. Non riesco ancora a crederci che in Maranello abbiano avuto una caduta di stile così clamorosa. Rendono ancora più pesante un posteriore che già di suo non è dei più riusciti, con quei fari disposti decisamente troppo in alto, che secondo il mio modesto parere "svuotano" un po' troppo il posteriore. Una soluzione tipo Alfa 8C sarebbe stata secondo me molto migliore.

Passiamo alla fiancata, che è sicuramente la parte meglio riuscita di quest'auto. Nonostante la nervatura non sembra del tutto azzeccata, rendendone la visione d'insieme un po' troppo tormentata.
Infine il frontale, dove trova spazio la classica calandra Ferrari. Una ventata d'aria fresca.
Poco più su, però, troviamo i fari anteriori che completano quest'opera abbastanza sconcertante. Molto allungati, danno all'auto un'aspetto tipico di qualche sportiva del Sol Levante. Non che questa rappresenti un'offesa, ma da una Ferrari è lecito aspettarsi ben altro.
Non fraintendetemi, l'auto di per sé non è brutta (a parte il posteriore, che invece è obiettivamente brutto). Il problema è che, a parte la già citata calandra, non sembra minimamente una Ferrari, e questo non può essere che un male.

Dopo aver mosso le doverose critiche all'estetica, ora parliamo dei dati tecnici, i quali sono indiscutibilmente di ottimo livello, come ci hanno abituato in quel di Maranello. Il motore, come già accennato, è un 4,3 litri V8 con albero motore piatto, capace di sviluppare 460cv a 7500 giri, e rappresenta il primo di una serie di motori dotati di iniezione diretta. Accoppiato a un nuovo cambio a doppia frizione a 7 rapporti, garantisce prestazioni eccezionali riducendo al contempo consumi ed emissioni (il valore di CO2, infatti, è appena 310g/km). Dei dati relativi alle prestazioni, sappiamo solo che il classico 0-100km/h verrà coperto in meno di 4 secondi, grazie all'eccezionale velocità di cambiata. Nessuna parola sulla velocità massima.
Completano il pacchetto gli oramai immancabili freni carbo-ceramici, nuove sospensioni posteriori di tipo multilink e il controllo di trazione F1-Trac ereditato dalla 599.
Gli interni mostreranno anche spazio per il comfort, il che colloca questa spider un gradino sotto la 612 Scaglietti. Non proprio quindi un modello entry level, ma piuttosto un modello parallelo alla F430, che all'animo da track car di quest'ultima contrappone un più tranquillo animo da Grand Tourer.

Nonostante la sua estetica controversa, non c'è dubbio che la California rappresenterà un sicuro successo di vendita, specie nel mercato statunitense. D'altronde, la Ferrari non fa segreto di aver pensato quest'auto per i clienti d'oltreoceano (lo si vede anche dal nome).
A settembre ci sarà la presentazione ufficiale al Salone di Parigi, ma alcuni altri particolari ci verranno resi noti prossimamente in modo da far luce sugli ultimi aspetti ancora oscuri.

domenica 4 maggio 2008

Una GT40 per celebrare gli 85 anni di Carroll Shelby


Horsepower sells cars, but torque wins races.

Questa frase racchiude in maniera perfetta lo spirito di un uomo che è diventato una vera leggenda dell'automobilismo sportivo negli USA. E racchiude anche la filosofia con la quale vengono realizzate le auto sportive american style: grande cilindrata, pochissimi controlli elettronici, trazione sulle ruote posteriori, e tanta, tantissima coppia disponibile da regimi poco superiori al minimo. E magari anche un bel turbocompressore.
Insomma, si tratta di auto semplici, ma che per essere portate al limite hanno bisogno di un vero esperto dietro il volante. Non sono auto per tutti.

Il pioniere di questa filosofia, Carroll Shelby, ha raggiunto la veneranda età di 85 anni. Per celebrare questo ragguardevole traguardo, la Shelby Automotive ha realizzato una speciale replica della immortale Ford GT40.
L'auto risulta in tutto e per tutto fedele a una GT40 mk2, eccezion fatta per il motore che grazie alla scocca tubolare può essere uno qualsiasi di quelli marchiati Shelby (incluso il top di gamma 427); per il momento non si conoscono i dati tecnici, non che ai compratori interessino molto, in fin dei conti. Gli basta sapere che sotto il piede destro avranno una bella dose di potenza e, soprattutto, di coppia.
Questa replica verrà prodotta in tre colorazioni: blu Arcadian con strisce bianche, nera con strisce argentate, e rossa con strisce bianche. Ci saranno 85 esemplari per ogni colorazione, per un totale di 255 vetture, a cui si aggiungeranno alcuni esemplari sviluppati per le competizioni.

Fa piacere, però, che ora che il mondo dell'auto è stato "invaso" da ibridi, normative anti-inquinamento sempre più strette, e qualsiasi altra cosa possa sminuire l'animo di un appassionato, ci sono ancora auto del genere che, seppur in quantità limitatissima, sono prodotte secondo gli antichi metodi di una volta...
Grazie quindi Mr Shelby, per aver dato vita (o per lo meno aver contribuito a dar vita) a tutto questo; e i miei migliori auguri di buon compleanno!



venerdì 2 maggio 2008

Nissan GT-R: Nurburgring in appena 7'29"

Probabilmente non la vedremo mai a concorsi di eleganza, verrà ricordata come la supercar più bella del mondo, però bisogna ammettere che è un'arma da pista maledettamente efficace. E la prima che deve ammetterlo è la sua avversaria diretta, quella che è nel mirino degli ingegneri nipponici fin da quando quest'auto è stata presentata come concept: Porsche.
Tempo fa, si ipotizzò che la GT-R fosse capace di percorrere il 'Ring in 7'38", due secondi in meno rispetto alla diretta avversaria 911 Turbo. E già quello sarebbe stato uno schiaffo morale non indifferente alla casa di Stoccarda. Ma ora che il tempo ufficiale è stato dichiarato, le cose sono andate in maniera ancora più eclatante: per percorrere i 20,8 km del Nordschleife l'arma definitiva del Sol Levante ha impiegato appena 7'29". Il che la pone attualmente, nella classifica delle auto di serie, al terzo posto, subito dietro Pagani Zonda F Clubsport (7'27") e Porsche Carrera GT (7'28", il famoso tempo ottenuto da Walter Rohl).
Altro che 911 Turbo! E se consideriamo che le prime 2 auto superano quota 600cv, mentre la Nissan ne dichiara 480 (tra l'altro con una massa non indifferente di circa 1800kg), possiamo comprendere l'ottimo lavoro svolto dai tecnici nipponici.
L'autore di questo risultato superlativo è un tester Nissan, tale Tochio Suzuki. Il responsabile dello sviluppo della GT-R, Kazutoshi Mizuno,
si dichiara estremamente soddisfatto del traguardo raggiunto: "Durante i test dell'anno scorso, eravamo molto insoddisfatti delle condizioni della famosa pista tedesca, credendo sempre che l'auto potesse ottenere un tempo inferiore ai 7'30". Ci siamo imposti di costruire una supercar accessibile a tutti e in qualsiasi condizione, dalle prestazioni eccezionali. Credo che la GT-R abbia mantenuto la promessa."

Ora aspettiamo di vedere come reagiranno in quel di Stoccarda, visto che la 911, compresa la Turbo, sta per ottenere un restyling in occasione del quale verranno adottare alcune modifiche tecniche (tra cui un nuovo cambio a doppia frizione e l'iniezione diretta della benzina).